Severo il giudizio che emerge dai due ultimi rapporti emessi dal FVO (Food and Veterinary Office) della Direzione generale SANCO della Commissione europea sulla “qualità” del controllo ufficiale italiano in materia di alimenti.
L’audit di ottobre 2010 su additivi, FCM, etichettatura e igiene
Con un primo audit svoltosi dal 4 al 12 ottobre 2010 (DG(SANCO) 2010-8591) il FVO ha valutato il sistema del controllo ufficiale sugli alimenti e sui mangimi alla luce del Piano Nazionale Pluriennale di Controllo (MANCP – multi-annual national control plan) con particolare riferimento al controllo di conformità dei additivi, dei materiali a contatto (food contact materials, FCM), dell’etichettatura e dell’igiene alimentare.
L’esito dell’ispezione del FVO, condotta sia a livello ministeriale che regionale (Piemonte e Marche), rasenta uno stillicidio di non conformità. Il solo elemento su cui il FVO non ha espresso un giudizio negativo è relativo alle capacità dei laboratori ufficiali, giudicate adeguate. Al di là di questo aspetto e del riconoscimento degli importanti sforzi compiuti a livello centrale in questi anni, il Report è una elencazione di inadeguatezze, manchevolezze e non conformità su punti peraltro nevralgici del “sistema” di food safety scolpito nel regolamento n. 882/2004.
In primo luogo, tanto il controllo ufficiale quanto il settore privato hanno dato prova di inadeguata gestione della dichiarazione di conformità dei FCM. Come se non bastasse, il FVO ha sottolineato la scarsa implementazione delle Buone Pratiche di Lavorazione (Good Manufacturing Practices, GMP) nel settore FCM, indicando come potenziali cause la non obbligatorietà della registrazione dei produttori e commercianti di FCM e nella tardiva attuazione dell’obbligo, in capo sempre all’autorità competente, di raccogliere i dati necessari per la programmazione dei controlli.
Il FVO ha poi stigmatizzato la mancanza di controllo del dosaggio degli additivi sui prodotti alimentari finiti.
Amaro il giudizio che gli ispettori del FVO hanno rivolto alla bassa capacità del controllo ufficiale di controllare (id est valutare, sindacare, emendare e simili) le procedure basate sui principi di HACCP. Forse è proprio questo l’elemento di maggior allarme.
Preoccupante anche il ritardo nazionale nell’avvio di controlli ad hoc su additivi e FCM. Scontato, purtroppo, anche il richiamo sugli audit interni all’autorità competente, su cui l’Italia sta accumulando un ritardo crescente.
Tranchant l’ulteriore valutazione sull’inadeguata formazione del personale del controllo ufficiale a livello locale, regionale e ministeriale: “Training for inspectors in HACCP, FCM, FA and labelling requirements is inadeguate”, dice il FVO. A questo ultimo riguardo,c’è da chiedersi quando giungerà l’ora di una revisione seria del sistema di formazione attualmente predisposto nel settore del controllo ufficiale degli alimenti.
Il Ministero, conscio del peso specifico del rapporto, ha tempestivamente diramato una circolare ad hoc con la quale è stata richiamata l’importanza della verifica dell’etichettatura durante i controlli dei prodotti alimentari ed è stato annunciato la proposta di una anagrafica nazionale obbligatoria per gli operatori alimentari, compresi i produttori di materiali e oggetti a contatto con gli alimenti. Anche la sorveglianza del Ministero sugli audit, in buona parte nella responsabilità delle regioni, dovrebbe essere potenziata.
L’audit di novembre sui controlli della filiera delle carni di pollame
Dal 3 al 12 novembre 2010 i funzionari del FVO hanno invece accentrato l’attenzione sulle misure nazionale relative al controllo della filiera avicunicola (Report DG(SANCO) 2010-8453).
Il rapporto ritiene che il sistema ufficiale di controllo in Italia copre l’intera catena di produzione ed è oggetto di attuazione a tre distinti livelli: statale, regionale e locale. A giudizio del Report i controlli sono svolti con regolarità e con una frequenza che è basata sulla valutazione del rischio, anche se, nelle tre regioni ispezionate (Campania, Marche e Piemonte) nel corso dell’audit, i controlli realmente eseguiti sono stati superiori a quelli programmati secondo la griglia del rischio. Singolare, e il Report non manca di sottolinearlo, che alla mole di controlli non corrisponda una altrettanto elevata efficacia degli stessi. In particolare il FVO stigmatizza che l’efficacia del controllo ufficiale sarebbe minata dalla circostanza che violazioni di legge relative a strutture, equipaggiamento, pratiche igieniche, HACCP e campionamento (in autocontrollo) non siano state individuate e gestite correttamente dall’autorità di controllo.
Anche le procedure di ispezione post-mortem sono apparse inadeguate agli occhi degli ispettori europei.
Terzo “freno” alla efficacia dei controlli ufficiali costituisce oramai una “nota dolente nota”: il ritardo nell’avvio degli audit interni su cui gli ultimi Report del FVO hanno insistito fortemente e, c’è da dire, vanamente. Questo grave e colpevole ritardo autorizza l’estensore del Report a concludere nel senso che in Italia “non vi sono adeguate garanzie che il controllo ufficiale sia adeguatamente e effettivamente attuato su tutto il territorio nazionale”.