Nella recente legge sulla concorrenza (legge 4 agosto 2017 n. 124), pubblicata sulla gazzetta ufficiale del 14 agosto 2017 ed entrata in vigore il 29 agosto scorso, vi è una norma di particolare interesse per chi esercita una professione intellettuale regolamentata, tra cui quella del tecnologo alimentare.
Il compenso del professionista tecnologo
Si tratta dell’articolo 1, comma 150 (ebbene sì) con il quale si pone una disciplina specifica circa le modalità di pattuizione del compenso. La norma, che modifica l’articolo 9 comma 4 del DL 24 gennaio 2012 n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012 n. 27, ora prevede che (in grassetto le novità):
«Il compenso per le prestazioni professionali è pattuito, nelle forme previste dall’ordinamento, al momento del conferimento dell’incarico professionale. Il professionista deve rendere noto obbligatoriamente, in forma scritta o digitale, al cliente il grado di complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento fino alla conclusione dell’incarico e deve altresì indicare i dati della polizza assicurativa per i danni provocati nell’esercizio dell’attività professionale. In ogni caso la misura del compenso è previamente resa nota al cliente obbligatoriamente, in forma scritta o digitale, con in preventivo di massima, deve essere adeguata all’importanza dell’opera e va pattuita indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi. Al tirocinante è riconosciuto un rimborso spese forfettariamente concordato dopo i primi sei mesi di tirocinio».
Per gli incarichi assunti dopo il 29 agosto 2017, pertanto, ogni tecnologo alimentare, al pari di ogni altro professionista, sarà obbligato a comunicare al cliente:
– prima del conferimento dell’incarico, l’ammontare – di massima – del compenso che sarà a lui richiesto.
– al momento del conferimento dell’incarico: il grado di complessità dello stesso, le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili fino alla sua conclusione; i dati della polizza assicurativa per la responsabilità civile professionale.
Questa disposizione vale a integrare il Codice Deontologico all’art. 39 ove, come noto, si prevede che «Il Tecnologo Alimentare deve definire preventivamente e chiaramente con il committente i contenuti ed i termini degli incarichi professionali conferitigli, nel rispetto delle disposizioni legislative vigenti e delle norme del presente Codice Deontologico».
Qualche osservazione sulla determinazione del compenso …
Con questo intervento si introduce l’obbligo di preventivo scritto, il quale dovrà quindi essere sottoscritto per presa visione dal Cliente oppure a lui inviato via e-mail. Riteniamo che a quest’ultima ipotesi si riferisca il legislatore quando menziona la “forma digitale”: il termine utilizzato è tutt’altro che chiaro, la formulazione è infelice e generica; l’unica interpretazione corretta da un punto di vista sistematico, sembrerebbe essere questa, dato che un documento informatico sottoscritto digitalmente equivarrebbe comunque alla forma scritta.
In ogni caso è necessario che vi sia prova della ricezione del preventivo, dato che la novella introduce un obbligo di informazione, il cui assolvimento deve poter essere comprovato. Un suggerimento utile può essere quello di inserire, nel (successivo) contratto professionale, una clausola nella quale il Cliente dichiara di aver ricevuto in una certa data il preventivo di massima contenente la misura del compenso. Non è sufficiente il mero invio per posta elettronica del preventivo, che, in caso di contestazione, il Cliente potrebbe affermare di non aver mai ricevuto ove non lo abbia riscontrato.
Quali sono le conseguenze nel caso di mancato rispetto degli obblighi di nuovo conio? Quanto alla sanzione per l’omessa indicazione della complessità dell’incarico, o per l’omessa preventivazione del compenso, la norma non si esprime.
Da un lato, pur mancando la forma scritta, non per ciò solo può escludersi l’esistenza di un contratto per prestazioni professionali: infatti, la nuova disposizione di legge non prevede la nullità espressa del contratto qualora il professionista non abbia rispettato i requisiti previsti. Si deve ricordare che in base all’art. 1418 c.c., per la nullità del contratto o di parti di esso può essere espressamente prevista dalla legge (e non è questo il caso) oppure derivare dalla contrarietà del contratto a norme imperative (profilo su cui si dovrebbe indagare).
Tuttavia, guardando a un altro settore delle professioni, quella legale, la recente legge professionale, nel reintrodurre l’obbligatorietà del preventivo per gli avvocati, espressamente menziona, come finalità della norma, la tutela del principio di trasparenza, di talché può affermarsi che l’omissione del preventivo non inficia il contratto ma obbligherà il professionista (avvocato) a ricorrere ai parametri di legge – di cui al DM 55/2014 – per la quantificazione del suo compenso.
Analogamente può argomentarsi – pur nella diversità del quadro regolatorio e ordinistico – per le altre professioni liberali; mancando una determinazione documentabile del compenso del professionista, il contratto resta produttivo di effetti ma, in caso di contenzioso, resta aperta la via della liquidazione giudiziale ai sensi dell’art. 2233 del codice civile.
E i riflessi deontologici
La disposizione, come detto, è vaga, ma gli obblighi di informazione da essa imposti al professionista non sono derogabili, perseguendo finalità di ordine pubblico, quale è la tutela della concorrenza e del mercato.
Guardando alla professione del tecnologo alimentare vale ricordare che ai sensi dell’art.36 del Codice deontologico del Tecnologo Alimentare, «è dovere del Tecnologo Alimentare rendere note al committente le condizioni di lavoro applicabili all’incarico e fornirgli tutte le informazioni relative secondo correttezza e verità». Si è poi già richiamato l’art. 39 del codice deontologico.
Pertanto, l’iscritto, in ipotesi, potrebbe essere suscettibile di responsabilità disciplinare ai sensi dell’art. 5 del codice, secondo cui «La responsabilità disciplinare deriva dall’inosservanza o dall’ignoranza dei precetti e dalla volontarietà della condotta, anche se omissiva».