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Gen2018

REATI ALIMENTARI: I CONTENUTI DELLA PROPOSTA CASELLI

Il Consiglio dei Ministri ha recentemente approvato lo schema di disegno di legge di riordino dei reati alimentari: un articolato di 15 articoli volti a innestare nel codice penale nuove ipotesi criminali sia in ambito sanitario (alimenti e mangimi) che commerciale (frodi alimentari e agro-mafie), aggiornare la fondamentale legge di settore (l. n. 283/1962), introducendo nuove ipotesi di confisca dei beni, prevedendo inoltre meccanismi estintivi per il ravvedimento operoso, disciplinando la delega di funzioni nell’impresa alimentare e, non ultimo, modificando – e non poco – la responsabilità amministrativa (d.lgs. n. 231/01) con particolare riferimento all’operatore del settore alimentare. Frutto del lavoro della Commissione presieduta dal dott. Caselli, conclusosi nell’ottobre 2015, il DDL non sembra invece aver raccolto le proposte di modiche del codice di procedura penale, volte a migliorare la funzionalità delle indagini in materia di illeciti alimentari.

Abbiamo avuto l’onore di commentare la notizia in anteprima per ItaliaOggi del 30 novembre 2017 e qui se ne riproduce una parte del testo.

Il DDL prevede nuovi delitti sanitari nel codice penale: da quello di immissione in commercio di «alimenti pericolosi» a quello di «omesso ritiro degli stessi; dal delitto di «informazioni commerciali ingannevoli pericolose» al «disastro sanitario». Tutte ipotesi che ruotano intorno al concetto di pericolo in concreto per la salute, salvo scordarsi che i requisiti di sicurezza europei sono – invece – tutti basati sulla nozione di «rischio» (funzione del pericolo e della sua probabilità di accadimento), concetto che permette la misurazione dei fatti costituitivi e la parametrazione di azioni di gestione.

Anche la legge speciale (l. n. 283/1962), architrave del sistema sanzionatorio dopo la  depenalizzazione del 1999 (d.lgs. 507), è soggetta a una profonda revisione: il DDL mira a sanzionare più duramente le attività all’ingrosso, in cui spesso si annidano le attività criminali organizzate, attraverso la previsione di delitti (nel caso di fatto doloso) o contravvenzioni (se il fatto è colposo); in tale contesto, nel caso di attività di dettaglio le violazioni di legge sarebbero penalmente rilevanti ove dolose mentre, se in colpa, l’operatore andrebbe incontro solo a una sanzione amministrativa. Il legislatore sembra persuaso a mantenere l’ipotesi del “cattivo stato di conservazione” che nella interpretazione giurisprudenziale è finita per essere un contenitore di ipotesi tanto eterogenee quanto indecifrabili. In senso positivo andrebbe accolta invece la proposta di inserire, per le violazioni della legge n. 283, un meccanismo estintivo di ravvedimento operoso (diffida-prescrizione-verifica adempimento), come quello in vigore in materia di lavoro (d.lgs. 758/94) e ambientale (l. 86/15). Certezza anche sul fronte della delega di funzioni per la quale il DDL prevede una disciplina puntuale, analoga a quella in ambito di sicurezza del lavoro, da lungo tempo attesa dagli operatori del diritto alimentare.

È, tuttavia, rispetto alle frodi agro-alimentari che il DDL si pone gli obbiettivi più pregnanti: svecchiare un insieme normativo centrano sulla «bottega» e puntare la risposta punitiva sulle «frodi “massive”», le agro-mafie, che approfittano della lunghezza e complessità delle filiere, della disintermediazione delle fasi di produzione e delle limitate risorse del controllo ufficiale. Il DDL, in questo ambito, enuclea nel corpo del codice penale, un nuovo capo, intitolato «Delle frodi in commercio di prodotti alimentari», in cui sono concentrate le ipotesi di frodi alimentari declinate sulle caratteristiche intrinseche, l’origine geografica (DOP-IGP) e, finalmente, anche rispetto al metodo di produzione “biologico” (altro settore ancora orfano di un intervento legislativo organico a livello nazionale).

L’ambizione è quella di spostare l’attenzione dal concetto di «lealtà commerciale» a quello della «salvaguardia del consumatore finale» al fine di tenere conto del valore identitario del cibo quale parte «irrinunciabile ed insostituibile della cultura di territori, delle comunità locali e dei piccoli produttori locali»: il «patrimonio alimentare».

Sono i frutti di EXPO 2015 e della carta di Milano che, prima o poi, potranno condurre a un aggiornato intervento di sistemazione organica della legislazione alimentare nazionale.

avv. Daniele Pisanello

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