A distanza di qualche anno dall’entrata in vigore dell’obbligo di dichiarazione nutrizionale su tutti i prodotti preimballati offerti in vendita al consumatore finale europeo, proliferano i modelli nazionali, più o meno volontari, che portano a una crescente complessità e alla “disintegrazione” del mercato a fronte della incompleta armonizzazione dei requisiti.
Come noto, la dichiarazione nutrizionale, resa obbligatoria dal Reg. UE n. 1169/2011 (art. 35), può essere resa con forme di espressione ulteriori e diverse da quelle armonizzate, purché nel rispetto di alcuni requisiti di fondo e precisamente: fondatezza scientifica e non ingannevolezza per il consumatore (“si basano su ricerche accurate e scientificamente fondate condotte presso i consumatori e non inducono in errore il consumatore” come previsto all’articolo 7); avere contenuto obbiettivo e non discriminatorio; essere frutto di un ampio coinvolgimento delle parti interessate; essere funzionali alla comprensione del ruolo dell’alimento per il consumatore (“sono volti a facilitare la comprensione, da parte del consumatore, del contributo o dell’importanza dell’alimento ai fini dell’apporto energetico e nutritivo di una dieta; sono sostenuti da elementi scientificamente fondati che dimostrano che il consumatore medio comprende tali forme di espressione o presentazione); essere basate, nel caso di forme di espressione diverse da quelle armonizzate, sulle assunzioni di riferimento di cui all’allegato XIII del regolamento oppure, in mancanza di tali valori, su pareri scientifici generalmente accettati riguardanti l’assunzione di elementi energetici o nutritivi. Ultimo ma non per importanza, un eventuale schema di espressione dei valori nutrizionali di un alimento non deve creare “ostacoli alla libera circolazione delle merci”.
A fronte dell’inazione della Commissione e, per contro, stante il fiorire di approcci nazionali diversificati, proliferano modelli volontari (più o meno) relativi alla fornitura di informazioni in modo sintetico sulla facciata principale della confezione (front of the pack, FoP): in primis fu il Regno unito (2012) che, con la raccomandazione solo formalmente non cogente relativa al traffic light sui preimballati ha introdotto un sistema con codice colore (in tutto 3 colori) in grado di valutare quanto un prodotto è salutare sulla base del contenuto dei suoi nutrienti chiave: sale, grassi, grassi saturi, zucchero e contenuto totale di calorie.
Nel 2017, fu la volta della Francia che introdusse lo schema Nutri-score (sinteticamente veicolato con 5 colori) non concentrato, come il primo, sui singoli nutrienti bensì sull’alimento complessivamente considerato (ad eccezione degli alimenti mono-ingredienti e l’acqua) con una scala di colori e lettere da un verde scuro A (migliore) a un rosso E (peggiore), soppesando la prevalenza di nutrienti “buoni” e “cattivi”. L’esempio parigino è stato poi seguito dal Belgio e dalle autorità spagnole.
Alcuni rivenditori già commercializzano prodotti con l’etichetta Nutri-Score in altri Stati membri dell’UE, come il Lussemburgo, mentre altri Stati membri dell’UE stanno ancora valutando le loro scelte. Allo stesso modo, gli Stati membri scandinavi dell’UE hanno sviluppato l’etichetta e il modello di “keyhole“(1 solo colore, il verde, assegnato ai cibi ‘buoni’), dove gli alimenti etichettati con il simbolo keyhole contengono meno zuccheri e sale, più fibre e cereali integrali e sono considerati più sani o meno grassi di prodotti alimentari comparabili.
In questo scenario disarticolato, un tribunale tedesco ha recentemente disposto – su base cautelare – il divieto di utilizzare il Nutri-score sul FoP delle etichette di prodotti surgelati di un noto brand internazionale. L’ingiunzione era stata richiesta, come spesso accade in Germania, da una associazione portatrice di interessi generali. Il Tribunale ha riscontrato che lo schema Nutri-Score violerebbe le normative UE sull’etichettatura dei prodotti alimentari e sarebbe pertanto illegale nelle transazioni commerciali, specie quelle rivolte al consumatore finale di alimenti.
Il divieto affermato dal giudice tedesco, si ribadisce, ha natura cautelare essendo frutto di una decisione a cognizione sommaria e non definitiva. Posta questa non secondaria premessa, da quanto noto, sembrerebbe che il Nutri-score sia stato considerato una indicazione nutrizionale, per quanto riguarda i gradi di colore che evidenziavano le proprietà positive dell’alimento, ricadendo così nel campo di applicazione del Reg. CE 1924/2006 relativo alle indicazioni nutrizionali e salutistiche. Da ciò la asserita violazione dell’art. 35 Reg. UE n. 1169/2011 atteso che, ad avviso della Corte, l’Azienda non avrebbe sufficientemente dimostrato che le classificazioni del valore dei nutrienti sono basate su risultati solidi e scientificamente sostenibili della ricerca dei consumatori. Di conseguenza, la Corte ha ordinato all’operatore del settore alimentare di astenersi dall’utilizzare questa etichetta in futuro, in quanto ritenuta inammissibile in Germania in base al diritto della concorrenza.
L’etichetta “semaforo” sembra tuttavia continuare a dividere l’opinione pubblica, tanto che di recente è stata pubblicata una proposta d’iniziativa dei cittadini europei dal titolo «PRO-NUTRISCORE» con la quale è stato chiesto alla Commissione europea di imporre l’obbligo di un’etichettatura semplificata “Nutriscore” sui prodotti alimentari al fine di tutelare la salute dei consumatori e di garantire che vengano loro fornite informazioni nutrizionali di qualità. In tale prospettiva, appare quindi chiaro l’ampio divario tra chi ritiene che simile impostazione possa aiutare il consumatore nelle scelte alimentari e chi invece sostiene che possa solo indurlo in errore.
La proposta d’iniziativa è sostanzialmente basata sull’assunto che il sistema nutri-score sia in grado di: rendere l’etichettatura nutrizionale più leggibile e comprensibile per i consumatori, in questo modo facilitati nel cogliere a colpo d’occhio il valore nutrizionale di un alimento nel contesto della diversità dell’offerta alimentare; intervenire su questioni di sanità pubblica incoraggiando i professionisti a migliorare la composizione dei loro prodotti; e armonizzare le informazioni nutrizionali a livello europeo imponendo un unico sistema ufficiale di etichettatura, ponendo così fine alla confusione dei consumatori europei di fronte al gran numero di loghi esistenti.