Il Decreto legislativo 23-2-2018 n. 20 (Disposizioni di armonizzazione e razionalizzazione della normativa sui controlli in materia di produzione agricola e agroalimentare biologica) ha rappresentato un passaggio importante per l’insieme degli operatori delle filiere biologiche, aziende certificate e organismi di controllo e certificazione. Con questo provvedimento legislativo finalmente si è intervenuto, in modo non completamente soddisfacente, sulle principali lacune latenti sin dal 1995, anno di adozione del decreto legislativo n. 220 che, come noto, era relativo esclusivamente al procedimento di autorizzazione degli organismi di controllo allo svolgimento di attività di certificazione di conformità ai requisiti previsti dalla normativa europea. Se si esclude questo decreto, infatti, il settore del biologico è stato disciplinato da una folta serie di fonti sub-legislative, decreti ministeriali o direttoriali che, di volta in volta hanno dato attuazione a discipline e raccomandazioni provenienti dalle istituzioni europee. Tra questi vale qui citare il DECRETO MINISTERIALE 20 dicembre 2013 (Disposizioni per l’adozione di un elenco di «non conformità» riguardanti la qualificazione biologica dei prodotti e le corrispondenti misure che gli Organismi di Controllo devono applicare agli operatori, ai sensi del Reg. (CE) n. 889/2008, modificato da ultimo dal Regolamento di esecuzione (UE) n. 392/2013 della Commissione del 29 aprile 2013) e il suo diabolico allegato contenente la griglia delle Non Conformità e la misure para-sanzionatorie previste a livello nazionale.
Il nuovo decreto legislativo n. 20/2018 formalizza in capo al Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo (MIPAAFT) maggiori poteri di vigilanza ma anche di intervento su taluni aspetti del rapporto certificativo, quale, ad esempio, la definizione dei tariffari per le attività connesse alla conformità ai regolamenti europei. Si individua nel Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) del MIPAAFT l’ufficio competente in materia. Il tutto presidiato da una cornice sanzionatoria, di natura prevalentemente amministrativa (ma salvo che il fatto costituisca reato). Tra le varie disposizioni sanzionatorie (vedi tabella annessa) ve ne sono alcune (art. 8, co. 1°) per le quali il decreto appronta una responsabilità amministrativa diretta dell’Organismo di controllo, che si aggiunge a quella di colui che – all’interno di esso o di una sua unità organizzativa autonoma – rivesta funzioni direttive, rappresentative e/o di amministrazione; a questo regime appartengono i seguenti illeciti:
- impedire al MIPAAFT l’accesso agli uffici e omettere le informazioni e l’assistenza necessarie all’espletamento delle verifiche;
- impiegare personale privo dei requisiti minimi previsti in allegato dal D.lgs. n. 20/2018;
- omettere l’adozione delle misure di adeguata analisi del rischio;
- impiegare personale in situazioni di “accertato” (sic!) conflitto di interessi;
- accettare di sottoporre a controllo un operatore già escluso prima che siano trascorsi due anni dall’emanazione del provvedimento di esclusione, eccezion fatta per i casi di esclusione per morosità;
- omettere la verifica delle azioni correttive adottate dagli operatori a seguito di provvedimenti di sospensione e soppressione.
Il Decreto appronta anche sanzioni amministrative a carico degli operatori, anche in questo seguendo soluzioni inusitate. Da un lato sono introdotte sanzioni amministrative pecuniarie relative alla designazione, alla presentazione e all’uso commerciale, ad esempio per uso illegittimo dei termini «biologico» e simili e dei loghi oggetto di armonizzazione europea. È bene premettere che queste sanzioni in tema di designazione e presentazione commerciale interessano non solo gli operatori produttori, reali o apparenti (OSARI), ma anche il final retailer, incluso l’operatore della ristorazione collettiva, nella misura l’illecito incorpora la presentazione o l’uso commerciale non conforme.
Più precisamente si prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di € 7.000,00 ad un massimo di € 18.000,00 a carico di chiunque, sulla confezione o sull’imballaggio del prodotto, nei marchi commerciali, nell’informazione anche tramite internet ai consumatori e sui documenti di accompagnamento, utilizza indicazioni, termini o simboli tali da indurre in errore il consumatore sulla conformità del prodotto o dei suoi ingredienti alle prescrizioni contenute nel citato Reg. CE n. 834/2007. Secondo l’orientamento del MIPAAFT i concetti di “indicazioni, termini o simboli” includerebbero qualsiasi rappresentazione grafica, visiva o simili che, in ragione ad esempio della grandezza dei caratteri utilizzati, o della maggiore o minore enfasi attribuita a determinate parole, disegni o raffigurazioni, etc., induca il consumatore a ritenere di trovarsi di fronte ad un prodotto agricolo ottenuto con il metodo biologico, anche in assenza di un vero e proprio inganno a suoi danni. Si deve ricordare che tali condotte possono dare adito anche a contestazioni penali per violazione dell’art. 517 o dell’art. 515 codice penale.
Sanzioni di importo minore sono previste a carico di chiunquenell’etichettatura, pubblicità e presentazione o sui documenti commerciali relativi a prodotti reperiti al commercio utilizzain maniera non conforme alla normativa comunitaria i termini relativi alla produzione biologica (da € 1.000,00 ad un massimo di € 3.000,00) o il logo (da un minimo di € 600,00 ad un massimo di € 1.800,00).
In secondo luogo, il decreto contiene disposizioni sanzionatorie a carico delle imprese che operano nell’ambito del settore dell’agricoltura biologica e nei confronti delle quali siano stati adottati i provvedimenti più gravosi: da un lato l’avvenuta adozione di un provvedimento di esclusione dal sistema di controllo o di sospensione dalla certificazione biologica, dall’altro, la mancata adozione, da parte degli operatori, delle iniziative e delle procedure previste in ipotesi di perdita del diritto ad utilizzare i termini relativi al metodo di produzione biologico e, dall’altro,
Il decreto, infatti, stabilisce che nei casi in cui un operatore sia stato colpito da un provvedimento definitivo di sospensione o di esclusione da parte dell’Organismo di controllo, sia applicabile – da parte del Dipartimento dell’ICQRF del MIPAAFT – una ulteriore sanzione amministrativa: da euro 6.000 euro a 18.000 euro per la sospensione della certificazione (ma è esclusa quella imputabile a morosità); la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 30.000 euro per la esclusione dal sistema del biologico (ma è esclusa quella imputabile a morosità). Scelta legislativa di una certa complessità che nelle aule giudiziarie potrebbe anche riservare qualche sorpresa.
Il decreto interviene anche su un altro aspetto che nella dinamica certificativa del biologico è oggetto di grande difficoltà, soprattutto quando il personale dell’organismo di controllo non ha conoscenza e sufficiente padronanza dei diritti e obblighi discendenti dalla normativa europea ed è portato ad applicare provvedimenti di declassamento a convenzionale, ignorando il principio di proporzionalità e quello di leale collaborazione. Da questo punto di vista diventa significativo che sia ora configurato come illecito amministrativo sanzionabile (sanzione amministrativa da 10.000 euro a 20.000 euro) l’aver omesso di avviare «le necessarie procedure per il ritiro della merce ovvero a comunicare ai propri clienti la soppressione dei termini riferiti al metodo di produzione biologico»: il ritiro delle menzioni «bio» a valle è aspetto molto complesso e delicato. Il punto non è tanto il pagamento della sanzione summenzionata bensì la applicazione (non sempre) corretta e proporzionata dell’obbligo di declassamento a valle da parte degli OdC coinvolti. Non sono rari i casi in cui, rispetto alla stessa NC di partenza (declassamento di una materia prima), gli OdC incaricati da due acquirenti di tale materia prima, esigano o impongano azioni diverse in ragione di una diversa interpretazione del principio di proporzionalità, assicurato dalle fonti europee, dal citato decreto ministeriale 20 dicembre 2013 e impiegato dal giudice, allorquando sia chiamato al vaglio delle misure adottate da un organismo di controllo e certificazione. Per concludere sul nuovo quadro sanzionatorio, resta da dire che il procedimento per l’accertamento delle violazioni in parola e per l’irrogazione delle relative sanzioni è disciplinato dalla legge n. 689/81 e, ove ne sussistano i presupposti, ad esso si applicano le disposizioni di cui all’art. 1, commi 3 (diffida) e 4 (pagamento con l’ulteriore riduzione del 30%) della legge n. 116/2014 (c.d. Campo Libero). A tal proposito il MIPAAFT ha diramato una circolare nella quale indica a quali fattispecie sanzionatorie l’autorità ritiene applicabile, oppure precluso, l’istituto della diffida.