15
Mar2020

PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE: QUALE TUTELA?

Quali sono i confini del potere di scrutinio e di valutazione (c.d. sindacato) della legittimità del provvedimento sanzionatorio emesso dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM o Antitrust) ai sensi della disciplina sulle pratiche commerciali scorrette (artt. 18 e ss. Codice del Consumo italiano)?

Il punto controverso è se il giudice amministrativo debba limitarsi al c.d.  “sindacato debole”, limitando la sua indagine ai soli profili di vizi di manifesta irragionevolezza o di grave ingiustizia, oppure se possa entrare nel merito delle scelte operate dall’autorità indipendente?

Con una certa semplificazione, necessaria in questo post che non è rivolto ai soli operatori del diritto, si può dire che, dal punto di vista del sindacato debole, quando si tratta della impugnazione di atti repressivo sanzionatori adottati dalle Autorità indipendenti, il giudice amministrativo non può sostituirsi integralmente all’Autorità nella valutazione amministrativa del comportamento contestato all’asserito trasgressore. Tale prospettiva, rigorosamente rispettosa delle prerogative regolatorie assegnate dalla legge all’autorità indipendente, comporta una limitazione sul piano della effettività della tutela dei diritti.

Il tema, molto complesso e che pervade molti ambiti del diritto in cui operano autorità indipendenti, non può essere affrontato esaurientemente in questa sede, apparendo più opportuno qui annotare come, con riferimento al sindacato sulle decisioni sanzionatorie dell’AGCM in tema di pratiche commerciali scorrette l’orientamento, recentemente ribadito dal Consiglio di Stato, sia nel senso di un sindacato “pieno e particolarmente penetrante e può estendersi sino al controllo dell’analisi (economica o di altro tipo) compiuta dall’Autorità” (Consiglio di Stato, IV, sent. 1167/0219).

Con questa sentenza il supremo collegio ha confermato che “il giudice amministrativo – nella ricerca di un punto di equilibrio, da verificare di volta in volta in relazione alla fattispecie concreta, tra le esigenze di garantire la pienezza e l’effettività della tutela giurisdizionale e di evitare che il giudice possa esercitare egli stesso il potere amministrativo che compete all’Autorità – può sindacare con pienezza di cognizione i fatti oggetto dell’indagine ed il processo valutativo, mediante il quale l’Autorità applica al caso concreto la regola individuata, ma, ove ne accerti la legittimità sulla base di una corretta applicazione delle regole tecniche sottostanti, il suo sindacato deve arrestarsi, in quanto diversamente vi sarebbe un’indebita sostituzione del giudice all’amministrazione, titolare del potere esercitato” (cfr. in tal senso, ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 10 dicembre 2014 n. 6050 e 13 settembre 2012 n. 4873).

Secondo il Consiglio di stato la distinzione tra sindacato “forte” o “debole” può essere “superata” a favore della “ricerca di un sindacato, certamente non debole, tendente ad un modello comune a livello eurounitario, in cui il principio di effettività della tutela giurisdizionale sia coniugato con la specificità di controversie, in cui è attribuito al giudice il compito non di esercitare un potere in materia antitrust, ma di verificare – senza alcuna limitazione – se il potere a tal fine attribuito all’Autorità sia stato correttamente esercitato”.

Che il giudice amministrativo, adito in sindacato di legittimità sui provvedimenti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, possa procedere a una “verifica diretta dei fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato e [..] ai profili tecnici” ove necessario per giudicarne della legittimità, era stato affermato anche dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione (cfr. Cass. civ., SS. UU., 14 maggio 2014 n. 10411), che avevano posto come unico limite le valutazioni ed apprezzamenti che presentano un oggettivo margine di opinabilità (come nel caso della definizione di mercato rilevante nell’accertamento di intese restrittive della concorrenza), nel qual caso il sindacato, oltre che in un controllo di ragionevolezza, logicità e coerenza della motivazione del provvedimento impugnato, è limitato alla verifica della non esorbitanza dai suddetti margini di opinabilità, non potendo il giudice sostituire il proprio apprezzamento a quello dell’Autorità Garante”.

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