Il Tribunale civile di Bologna, adito in via d’urgenza da un operatore biologico escluso dal sistema di controllo ex Reg. n. 834/2007, ha stabilito, con decisionedel 3 settembre, che un provvedimento di sospensione (e del conseguente provvedimento di esclusione), confermati ad esito di ricorso, di vari appezzamenti agricoli, allocati in diversi comuni della provincia di Aquila e di Roma, provvedimenti che sono stati adottati a seguito di un rapporto di prova con esito sfavorevole ed avente ad oggetto un solo appezzamento di terreno, in regime di conversione al biologico, estraneo al processo di distribuzione dei prodotti biologici della impresa ricorrente, sembra porsi in contrasto con la legislazione vigente e in particolare il principio di proporzionalità.
Più precisamente il Giudice ha accolto i rilievi di parte ricorrente secondo cui il Decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 20 dicembre 2013 – posta la definizione di non conformità e affermata la regola per la quale “[l]e non conformità si distinguono in inosservanze, irregolarità ed infrazioni e comportano l’applicazione, nei confronti dell’operatore, di una corrispondente misura da parte dell’Organismo di Controllo al quale è assoggettato ai sensi dell’art. 27 del Reg. (CE) n. 834/2007” (art. 2, Co. 30, DM cit.) – stabilisce che “[l]e misure sono applicate in maniera proporzionale all’importanza, alla natura e alle circostanze che hanno determinato il configurarsi della non conformità” (art. 2, co. 4°, DM cit.). L’art. 5, comma 3°, di questo Decreto, dispone che “[l]a sospensione della certificazione può riguardare una o più attività (produzione, preparazione e importazione) una o più unità produttive o l’intera azienda. La sospensione si applica alla singola attività o unità produttiva qualora l’infrazione non abbia ricadute su altre attività o unità produttive. Orbene – posto che nel caso di specie si tratta di valutare la “misura conseguente alla non conformità rilevata” (che consiste nello “utilizzo di prodotti non ammessi o non registrati in appezzamenti in conversione all’agricoltura biologica” con riferimento alla “coltivazione di XXXX”) – il provvedimento di sospensione, secondo il Magistrato, avrebbe dovuto interessare, in applicazione dell’art. 5 comma 3 del citato DM, il singolo appezzamento interessato o, al più, la sola unità produttiva in cui l’appezzamento (interessato dalla non conformità) insisteva (il Comune di XXXXX), anche perché la violazione contestata non sembra poter avere “ricadute su altre attività o unità produttive” (che, diversamente dall’appezzamento XXX (in conversione), erano in regime di biologico e in diversi comun ricadenti nelle provincie di XXXX e XXXXX). Ne consegue che l’impugnato provvedimento di sospensione nell’irrogare la sospensione di tutti i siti produttivi e di tutte le produzioni (già) biologiche, appare, oltre che immotivato in ordine alla ritenuta sospensione di tutti i siti, lesivo del sopra.
L’OdC convenuto, nel tentativo di difendere il suo operato, sostenendo la tesi per la quale il provvedimento di sospensione dell’intera azienda era atto dovuto in base al citato D.M. 20 dicembre 2013. Infatti, a suo dire, in quanto l’impresa sarebbe un’azienda che si occupava di un solo tipo di produzione, ovvero la produzione vegetale orticola, pertanto la sua unità di produzione coinciderebbe con l’intera attività aziendale.
Il Giudicante ha invece osservato che è lo stesso D.M. 20/12/2013 che, all’art. 5 comma 3 sopra riportato, con riferimento alla adozione di provvedimenti sanzionatori, sembra tener distinte “attività” e “unità produttiva” ed ammettere la possibilità di considerate una o più unità produttive in ragione della presenza o assenza di “ricadute su altre unità produttive”. Inoltre non è sfuggito al Giudice che, a voler seguire il suddetto assunto, si potrebbe arrivare alla seguente situazione: laddove l’azienda agricola abbia terreni già biologici e altri terreni in conversione (che tali sono proprio perché il periodo di transizione è previsto dal Legislatore per consentire alle tecniche agronomiche “biologiche” di depurare il terreno dalle sostanze e contaminanti conseguenti alla coltivazione c.d. convenzionale, e sui quali è fisiologico che, nel suddetto periodo di transizione, la conformità ai requisiti del biologico sia un obbiettivo da raggiungere), nel caso di rinvenimento di un principio attivo non ammesso su un appezzamento in regime di conversione (come nel caso che qui interessa), l’intera azienda (terreni biologici e terreni in conversione) dovrebbe essere complessivamente sospesa/esclusa. In latri termini l’ equazione “unica attività = unica unità produttiva (interamente intesa)” sulla quale far gravare qualsivoglia provvedimento sanzionatorio, prospettata dall’OdC convenuto, sembra risolversi in una interpretazione abrogans dell’art. 5, comma 30 del DM citato.
Per l’effetto, l’OdC dovrà, previa revoca dei provvedimenti di sospensioen e revoca illeggittimi, reintegrare l’operatore nel sistema di controllo oltre ché pubblicare sul proprio sito il provvedimento del Giudice.