L’impugnazione del provvedimento emesso da un Organo di Controllo (OdC) deve essere effettuata entro sessanta giorni che decorrono dal primo provvedimento immediatamente efficace e lesivo. È da tale momento che comincia a decorrere il termine per poter impugnare innanzi al Giudice Amministrativo, termine che, una volta scaduto, espone alla pronuncia di irricevibilità da parte dell’autorità giudiziaria.
È quanto ha scoperto suo malgrado una società agricola del settore vitivinicolo che si è vista rigettare il ricorso proposto nel 2017 al Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria contro dei provvedimenti di mancato rilascio del certificato di conformità.
L’OdC aveva provveduto, nel luglio 2016, ad effettuare un primo prelievo di campioni di uva prodotta dall’azienda; a seguito di tale operazione veniva riscontrata la presenza di residui di fungicida non ammesso in agricoltura biologica il che aveva condotto già a dei provvedimenti basati sul famigerato Decreto Ministeriale 20 dicembre 2013 (Disposizioni per l’adozione di un elenco di «non conformità» riguardanti la qualificazione biologica dei prodotti e le corrispondenti misure che gli Organismi di Controllo devono applicare agli operatori): da una parte la sospensione per sei mesi della certificazione e dall’altra il ritorno in conversione per tre anni.
Provvedimenti che l’impresa non impugnava tempestivamente innanzi al giudice amministrativo, forse in attesa dell’esito del ricorso interno previsto dallo schema di certificazione, che dunque non interrompe i termini per la proposizione di impugnative giudiziali; solo nel 2017 a fronte di un ulteriore provvedimento con cui l’OdC confermava la propria posizione, era introdotto il ricorso amministrativo.
Il T.A.R. ha però rigetto la richiesta di intervento in quanto erano decorsi i termini previsti dal Codice amministrativo e sul presupposto che il provvedimento del 2016 fosse definitivo e pienamente efficace nei confronti della ricorrente.
La sentenza del T.A.R. Calabria conferma l’importanza per l’impresa agro-alimentare di verificare con rapidità e appropriatezza i provvedimenti afflittivi che un OdC può aver emesso a suo carico. Spesso, l’attesa un po’ passiva del concludersi del ricorso interno previsto da ogni sistema di certificazione del biologico, consuma tempo prezioso con grave danno delle ragioni delle aziende interessate all’uso del “marchio bio”.
Occorre infine ricordare che contro i provvedimenti degli OdC del biologico è esperibile anche azione in sede civile sia a titolo di risarcimento del danno ma anche, stando a un filone giurisprudenziale bolognese, in sede cautelare, sebbene la giurisprudenza non abbia ancora maturato orientamenti univoci sui diversi profili processuali che vengono in considerazione.
Il tema della responsabilità degli organismi di controllo designati dal Ministero delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo è all’attenzione recente di chi pratica e studia il diritto alimentare e sempre più interessa le aule giudiziarie con orientamenti non sempre uniformi.
Buongiorno Dottor Pisanello,
avrei un’osservazione da sottoporre alla Sua attenzione. Alla luce del nuovo Decreto Legislativo in materia di controlli, la decisione del comitato ricorsi assume valore di lodo arbitrale, previo inserimento della clausola compromissoria all’interno del contratto tra operatore ed OdC. Il lodo arbitrale irrituale può essere impugnato solo per i motivi previsti dalla legge. L’organo competente a ricevere l’impugnativa è la Corte D’Appello. Alla luce di quanto premesso, il Tribunale Amministrativo sembrerebbe non essere più competente a ricevere i ricorsi aventi ad oggetto i provvedimenti emessi dagli organismi di controllo. Mi conferma questa interpretazione?
Gentile dottoressa,
la ringrazio di aver proposto questo spunto che, in effetti, tocca uno degli aspetti trascurati dal decreto legislativo 23-2-2018 n. 20
(Disposizioni di armonizzazione e razionalizzazione della normativa sui controlli in materia di produzione agricola e agroalimentare biologica), quello del giudice cui rivolgersi contro i provvedimenti dell’organismo di controllo e certificazione del biologico.
Il tema della giurisdizione rispetto ai provvedimenti adottati dall’organismo di controllo del biologico, autorizzato dal Ministero delle politiche agricole alimentari etc., è tema particolarmente importante per l’impresa certificata; si tratta cioè di valutare se si debba ricorrere al Tribunale Amministrativo, peraltro nei termini decadenziali previsti dal codice del processo amministrativo, oppure se sia ammesso proporre azione davanti al Giudice Civile. In assenza di una definizione chiara sul punto, vi sono pro e contro in ambo le ipotesi.
Credo che il punto non possa essere risolto sulla base della sola disposizione richiamata nel Suo commento: si tratta di una disposizione, contenuta in un allegato, che è del tutto scollegata rispetto alle norme processuali che dovrebbero fare da cornice, e da ciò qualche lecito dubbio di legittimità. Anche a voler trascurare questo aspetto, i contratti di certificazione dovrebbero essere adeguati il che richiede tempo e attenzione.
Soprattutto mi pare chiaro che la questione, molto delicata e complessa, dovrebbe tener conto dei nuovi regolamenti sui controlli ufficiali (Reg. 2017/625) e sul biologico (reg. n. 2018/848) che, a mio modesto avviso, grandemente impattano anche su questo tema.
Sull’argomento, come Lei sa, il mio studio lavora molto e di recente ho pubblicato un contributo che rielabora una lezione tenuta alla Scuola Superiore di Magistratura D. PISANELLO, Natura giuridica degli organismi di controllo del biologico, delle DOP-IGP e della marcatura CE e riflessi applicativi sui mezzi di tutela dell’impresa certificata, in A. Natalini (a cura di), Frodi agroalimentari, profili giuridici e prospettive di tutela, Giuffre, 2019.
Con l’augurio di aver risposto al Suo quesito, auguro buon lavoro.