Coniugare plus nutrizionali, appetibili in chiave marketing, con la necessaria accuratezza imposta dalla legge. E’ ancora questo il tallone d’Achille di molte campagne di promozione in ambito alimentare. Recentemente l’occhialuto sguardo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) si è concentrato sull’iniziativa “La vita in blu“, avviata da uno dei principali attori della GDO sul mercato italiano.
Nell’ambito di un progetto di comunicazione di generi alimentari, la società ha iniziato a contraddistinguere una selezione di prodotti alimentari con un bollino a forma di cuore di colore blu con l’obiettivo di aiutare i consumatori stessi a “mangiare meglio”.
I prodotti contrassegnati dal cd. “bollino blu”, secondo la selezione effettuata dall’operatore con l’ausilio di un collegio di esperti scientifici, sarebbero quelli con “il migliore equilibrio nutrizionale tra le sostanze nutritive che devono essere presenti nella dieta (proteine) e sostanze nutritive la cui assunzione va tenuta sotto controllo (zuccheri, grassi saturi e sale)”.
Ad avviso dell’AGCM questa modalità di promozione era da considerarsi una pratica commerciale scorretta sotto diversi punti di vista: la selezione effettuata dall’operatore veniva svolta senza chiarire ai consumatori i criteri di selezione, nonché le verifiche svolte per garantire la posizione di indipendenza e terzietà del collegio, né veniva garantita l’accessibilità dei parametri e l’oggettività delle valutazioni sottese al rilascio del bollino blu.
L’operatore ha immediatamente proposto degli impegni correttivi volti a far venir meno i riscontrati profili di illegittimità della pratica commerciale: in particolare, attraverso molteplici canali di comunicazione (cartellonistica, leaflet esplicativo, volantini, sito web, social, ecc.), si dovrà informare il consumatore che l’iniziativa “la Vita in Blu” ha natura commerciale e che la Selezione “La Vita in Blu” è meramente soggettiva, aggiungendo al logo “La Vita in Blu” la frase “scelto da noi”.
Il caso ripropone la difficile comunicazione degli aspetti nutrizionali, scoglio su cui l’armonizzazione europea fallita sui c.d. “profili nutrizionali” ha portato a un fiorire di iniziative nazionali, cogenti o meno. Infatti, alcuni Paesi si sono dimostrati favorevoli all’utilizzo di schemi di comunicazione semplificata nella convinzione che ciò possa incentivare scelte alimentari più salutari: l’uso di colori sulla confezione del prodotto sarebbe in grado di indicare la “qualità” del suo contenuto in termini di valori nutrizionali e benefici per la salute. È questo, ad esempio, il caso del Regno Unito e della Francia, che hanno deciso di ricorrere su base volontaria a tale strumento, seppur con modalità leggermente differenti.
In Francia, le etichette nutrizionali a semaforo (Nutri-score) riguardano soltanto i prodotti alimentari trasformati, classificati secondo un punteggio espresso in lettere (dalla A alla E), collegato ad un colore, dal verde al rosso che, assegnato in base al valore nutrizionale, distingue i componenti “buoni” e “cattivi”, dove per “buoni” si intendono proteine, fibre e la presenza fra gli ingredienti di frutta, verdura e frutta secca, e per fattori nutritivi “cattivi” si intendono calorie, grassi saturi, zuccheri semplici e sale. In questo modo, ogni componente, buono o cattivo, riceve un punteggio, la cui diversa combinazione permette di classificare l’alimento in una delle cinque classi previste.
Nel Regno Unito, il sistema a semaforo, adottato ancor prima che in Francia, risulta in parte dissimile da quest’ultimo, poiché prende in considerazione solo le componenti “cattive” (energia, sale, grassi, grassi saturi e zuccheri), associando ad ogni categoria un colore verde, giallo o rosso a seconda che il contenuto sia basso, medio, o alto, in riferimento alle quantità raccomandate dalle linee guida.
In proposito, l’Italia, più di altri paesi, si è dimostrata particolarmente contraria all’adozione di siffatto sistema ritenuto eccessivamente semplicistico e tale, inoltre, da pregiudicare le esigenze di una parte della produzione agro-alimentare nazionale.